Milano, 18 Marzo 2016
CLASSICISSIMA D’EPOCA
Dimentichiamoci pure il Gotha del pedale mondiale che si è ritrovato sabato 19 marzo per aggiudicarsi la prima grande “classica” di stagione, giunta alla sua 107esima edizione.
La Milano-Sanremo che andrebbe raccontata è quella in modalità retrò interpretata da una cinquantina di compiti e coraggiosi ciclostorici che hanno inforcato le loro biciclette d’epoca (costruite prima del 1930) sfidando freddo e soprattutto il buio per affrontare i 290 chilometri della Classicissima, d’epoca, appunto.
Poco più di 20 all’ora la velocità media, pedalando su pezzi d’antiquariato con la ruota fissa, pedali con gabbietta, fili dei freni che escono dalle leve e corrono a vista attorno al manubrio, paraspruzzi, oliatore fissato sul tubo verticale del telaio.
E ancora, lo strappachiodi, un marchingegno fissato davanti al freno per liberare la gomma dai giustizieri dei tubolari… Sostengono i ciclo storici: “Contrariamente a quelle conservate nei musei e inutilizzabili, le nostre biciclette sono VIVE, le possiamo montare e facendo girare i pedali riusciamo a fare quasi 300 chilometri”.
Masochismo puro: se c’è sole, tanta polvere; se piove, tanto fango; la fatica, omerica.
Ci si sente forzati della strada, come ai primi leggendari Giri d’Italia, o ai Tour di Ottavio Bottecchia.
Insomma, parlando di ciclismo d’epoca i nostri 50 eroi ne sono i testimonial più veri.
La loro Milano-Sanremo “Classicissima d’Epoca” (arrivata alla quinta edizione) li ha fatti ritrovare al MUMAC (Museo della macchina per caffè di Gruppo Cimbali) e, siccome sacco vuoto non sta in piedi e “non pedala”, si sono lì ampiamente rifocillati con tanto di Caffè Faema.
Il rito della punzonatura si è svolto in centro Milano da Biciclette Rossignoli di Corso Garibaldi.
Persino le procedure burocratiche della corsa d’epoca si sono svolte rigorosamente secondo i riti di una volta, a cominciare dalla punzonatura, eseguita con tanto di tenaglia e piombini a fidelizzare il telaio in modo da scongiurare cambi non autorizzati.
E il foglio-firma, con pennini e calamai, a suggellare i numeri di gara e le presenze, da riproporre ai punti di controllo previsti sul percorso.
Il tutto sotto l’attenta supervisone di Cerchi in legno e del Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo, struttura museale fortemente voluta da quel Fiorenzo Magni che di fango, polvere e grinta un po’ se ne capiva.
La partenza vera e propria dal MUMAC e dal Castello visconteo di Binasco, come abbiamo detto intorno alla mezzanotte, con starter, ironia della sorte, un pistard, Marino Vigna oro olimpico a Roma 1960, ma anche sprinter vincente al Giro.
Ospite fissa la nebbia.
Compagno di pedalate il buio e qualche rara vettura di nottambuli.
Le strade di oggi sono biliardi, rispetto a quelle di Girardengo solcate da rotaie di fango che imprigionavano le ruote, col routier che doveva saltare da una parte all’altra come un tarantolato.
Nessuno ha nostalgia di quella viabilità precaria ma c’è il desiderio di scoprire sensazioni perdute, di sfiancarsi, di affrontare difficoltà fuori dal tempo.
I 50 eroici hanno lasciato Milano coi copertoni a tracolla, le lampade a petrolio per vedere ed essere visti, si sono dileguati nella notte diretti al Turchino e poi verso il mare.
Lo spirito del ritorno al passato non è stroncare gli avversari perché non ci sono rivali, ma compagni di sofferenza e soprattutto di passione.
Passione da ricercare anche tra il pubblico nei paesi attraversati. “Si auspica una calorosa accoglienza da parte della popolazione. Cittadini, accorrete numerosi e partecipi”!!!”: é scritto in calce alla locandina, anch’essa in stile retrò.
Carlo Delfino
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