CASTEL D’AZZANO, 09 Aprile 2017
Intervista a Mattia De Mori
La sveglia suona tutte le mattine alle 6.15. Alle sette è già in fabbrica, davanti alla sua macchina. Quattro ore di lavoro. Poi sveste la tuta da operaio e indossa la divisa da ciclista per il suo allenamento quotidiano. La maglia è quella della Delio Gallina Colosio, formazione Elite e Under 23 bresciana, lui è Mattia De Mori, 24 anni, ciclista veronese che domenica scorso ha vinto la 73/a Vicenza-Bionde.
Una grande gioia, un’immensa soddisfazione, un sogno realizzato. Il premio ai tanti sacrifici fatti. Festeggiato insieme ai compagni di squadra e soprattutto con la sua famiglia. Ma lunedì mattina, poco più di dodici ore dopo aver alzato le braccia al cielo sul traguardo di Bione di Salizzole, quelle stesse mani erano di nuovo al lavoro sulla macchina a controllo numerico. “È una macchina utensile il cui movimento durante la lavorazione è guidato da un dispositivo elettronico. In pratica traduce il disegno che c’è su carta sul pezzo semilavorato in ferro o alluminio o bronzo o ghisa che esce poi dalla macchina”, ci spiega orgoglioso Mattia De Mori, diplomato perito meccanico all’ITIS G. Ferraris di Verona.
“Sono entrato alla C.M.C. di Castel d’Azzano per un stage proprio durante il mio periodo di studio. Poi ho iniziato a lavorare nel 2014. È capitato che uno dei due soci della ditta andasse in pensione e quindi serviva una terza persona e hanno chiesto a me se ero disponibile a fare un part-time. Non ci ho pensato molto ed ho iniziato a lavorare”, racconta De Mori col piglio del ragazzo maturo, sicuro di sé e con le idee ben chiare in testa (nella foto Photobicicailotto, sopra, Mattia De Mori in officina con il suo datore di lavoro Leonardo Cinquetti).
“Non è certo facile riuscire a coniugare le due attività – ammette il veronese che con la famiglia vive a Isolalta di Vigasio –. Devo dire che è bravo il mio datore di lavoro Leonardo Cinquetti il quale spesso chiude un occhio anche quando c’è qualche imprevisto ciclistico che mi costringe ad assentarmi dal lavoro o per esempio in occasione delle corse a tappe che mi fanno stare via per diversi giorni. Tra noi c’è stima e fiducia reciproca e da parte mia c’è la buona volontà di fare le cose fatte bene”.
Qual è la giornata tipo di Mattia De Mori? “Dipende un po’ dalla quantità di lavoro che c’è in officina. Di solito comunque mi sveglio alle sei e un quarto del mattino, mi preparo e per le sette sono in ditta per iniziare a lavorare. Lavoro quattro ore e poi esco ad allenarmi. Poi nel pomeriggio rientro ancora al lavoro. Quando arriva la bella stagione riesco anche ad uscire in bici un po’ prima, verso le nove, per poi rientrare al lavoro nel pomeriggio e concentrare le ore nella seconda parte di giornata”.
In un mondo del ciclismo dilettantistico che negli ultimi anni è andato sempre più verso la professionalizzazione, l’esperienza di Mattia De Mori – ciclista-lavoratore – è inusuale. Sicuramente una scelta di vita che fa onore al ragazzo veronese, ma che allo stesso tempo lo rende diverso rispetto a tanti suoi colleghi che come lui inseguono il sogno del ciclismo professionistico, ma lo fanno dedicandosi completamente alla bicicletta. “C’è qualcuno che fa il corridore a tempo pieno e ottiene anche dei risultati e fa bene. Se anche io lo facessi a tempo pieno sicuramente mi divertirei di più e avrei anche più tempo per me, ma io sono sempre stato abituato a darmi da fare e a dare una mano in famiglia. E per questo non basta il ciclismo. Devo anche ammettere che ho avuto la fortuna di trovare un bravo datore di lavoro che mi permette di gestire il mio tempo compatibilmente con l’attività in bicicletta. Ho dei progetti per il mio futuro che vanno oltre al ciclismo. Rispetto ai miei coetanei ho forse un po’ anticipato i tempi, ma sono contento di quello che sto facendo e poi devo dire che qualche soddisfazione me la sono tolto anche in bici, come è accaduto domenica scorsa”, sorride con negli occhi ancora la gioia di una vittoria tanto sognata.
Già, domenica scorsa, il giorno della Vicenza-Bionde, una grande classica del calendario nazionale degli Elite e Under 23, una gara dal sapore particolare per Mattia De Mori. Una gara che ha vinto. “La sognavo fin da quando ero Giovanissimo. Anche se non è proprio il mio paese, è vicino a casa mia e la sento la mia corsa. Per me è qualcosa di speciale”.
A godersi questa bella giornata di festa sul traguardo di Bionde c’era tutta la sua famiglia. Papà Emanuele, mamma Romina, la 15enne sorella Carlotta, la fidanzata Anna e anche il nonno paterno Giorgio. “Era forse il più emozionato per il mio successo. Mio nonno viene di rado a vedere le corse perché ha sempre paura per me e le cadute”.
Una vittoria che arriva da lontano. “Arriva dai tanti sacrifici fatti già durante la preparazione dell’ultimo inverno. Lo scorso anno è stato molto positivo per me e per la squadra. Abbiamo fatto un bel percorso, partecipando anche ad alcune gare all’estero che ci hanno fatto maturare esperienza e abbiamo raggiunto buoni risultati. Fin dall’inizio mi sono messo a disposizione della squadra, in Marocco, ad esempio, ho aiutato il mio compagno Amine Galdoune, perché sapevo che stava bene e che correndo nel suo Paese ci teneva a fare risultato. Ci tenevo a far capire che alle ambizioni personali anteponevo l’interesse collettivo e credo che questo i miei compagni lo abbiano capito. Quando domenica ho sentito sensazioni buone e ho detto loro che volevo fare la volata non hanno esitato a darmi fiducia e a lavorare tutti per me ed è arrivato questo grande risultato per me, ma che è una soddisfazione per tutto il nostro gruppo”.
La Vicenza-Bionde 2017 è sicuramente la vittoria più importante della carriera di Mattia De Mori. Una carriera iniziata quasi per caso quando ancora era un bimbo. “Raffaello Cordioli portava sempre i suoi ragazzi ad allenarsi sulle strade vicino a casa mia. Io ero piccolino, ero fuori a giocare e li vedevo sempre passare in bicicletta. Mi incuriosivano e un giorno mi è venuta la voglia di provare. Così ho iniziato da Giovanissimo col gruppo sportivo di Cordioli con cui ho fatto praticamente l’intera trafila giovanile. Anche da Juniores sono rimasto con la FDB anche perché era vicino a casa e non volevo dare troppo disturbo alla mia famiglia”. Tre le sue vittorie fra gli Juniores.
Il passaggio fra i dilettanti arriva nel 2012 con la maglia della Marchiol, poi per due stagioni difende i colori della Podenzano e nel 2014 brinda al primo successo nella categoria, imponendosi a Castelnuovo Scrivia. Il 2015 è un anno tormentato vissuto a metà tra la Named e la General Store e nel 2016 arriva la chiamata di Cesare Turchetti, team manager della Delio Gallina. “Ricordo ancora le sue parole: ‘Vieni con me e facciamo qualcosa di fatto bene’, mi disse, ‘Sei un buon corridore e forse non aveva tutti i torti‘”.
Nel 2016 è tonato ad alzare le braccia al cielo prima in una tappa del Giro del Marocco, poi a Nerviano dove si è anche laureato campione lombardo degli Under 23 e infine in Ungheria in una tappa del Gp Gemenc. Un momento forse decisivo per la sua rivitalizzata carriera. “A Nerviano ero reduce dal Giro del Marocco che mi aveva dato la gamba giusta che ho sfruttato subito al rientro in Italia. È stata sicuramente una vittoria importante perché mi ha dato la consapevolezza che con l’impegno e la volontà di fare bene si possono ottenere dei risultati”.
Quali sono le aspettative di Mattia De Mori per il resto della stagione 2017? “Vorrei confermarmi ed essere protagonista in altre gare importanti perché vorrei farmi notare da qualche squadra professionistica. In fondo il sogno di tutti quanti quelli che corrono in bici è quello e lo è anche per me. Ci provo quantomeno. Se accadrà bene. Altrimenti sarò contento di quello che ho fatto”.
E deve essere contento, eccome Mattia De Mori, perché quello che sta facendo è qualcosa di molto bello e di speciale, forse, nella sua normalità così anormale nel mondo ciclistico d’oggi. “Posso dire che il ciclismo ti insegna tante cose che tornano utili anche per la vita di tutti i giorni, come il sacrificio e la determinazione”. Parola di Mattia De Mori, il ciclista-lavoratore. Un ragazzo responsabile, con la testa sulle spalle, con la passione per il ciclismo e la voglia di costruire giorno dopo giorno, pedalata dopo pedalata, pezzo dopo pezzo, il suo futuro.
(Servizio a cura di Giorgio Torre)
foto: photobicicailotto