Il Piave mormoravaCalmo e placido, al passaggioDei primi fanti, il ventiquattro maggioL’esercito marciavaPer raggiunger la frontieraPer far contro il nemico una barriera
Muti passaron quella notte i fantiTacere bisognava, e andare avanti
S’udiva intanto dalle amate spondeSommesso e lieve il tripudiar dell’ondeEra un presagio dolce e lusinghieroIl Piave mormorò: “Non passa lo straniero”
Ma in una notte tristaSi parlò di un fosco eventoE il Piave udiva l’ira e lo sgomentoAhi, quanta gente ha vistaVenir giù, lasciare il tettoPoiché il nemico irruppe a Caporetto
Profughi ovunque, dai lontani montiVenivan a gremir tutti i suoi ponti
S’udiva allor, dalle violate spondeSommesso e triste il mormorio de l’ondeCome un singhiozzo, in quell’autunno neroIl Piave mormorò: “Ritorna lo straniero”
E ritornò il nemicoPer l’orgoglio, per la fameVolea sfogare tutte le sue brameVedeva il piano apricoDi lassù, voleva ancoraSfamarsi e tripudiare come allora
“No” disse il Piave, “No” dissero i fantiMai più il nemico faccia un passo avanti
E si vide il Piave rigonfiar le spondeE come i fanti combattevan le ondeRosso del sangue del nemico alteroIl Piave comandò: “Indietro va’, straniero”
Indietreggiò il nemicoFino a Trieste, fino a TrentoE la vittoria sciolse le ali al ventoFu sacro il patto anticoTra le schiere, furon vistiRisorgere Oberdan, Sauro, Battisti
Infranse, alfin, l’italico valoreLe forche e l’armi dell’impiccatore
Sicure l’Alpi, libere le spondeE tacque il Piave: “Si placaron le onde”Sul patrio suolo, vinti i torvi ImperiLa Pace non trovò né oppressi, né stranieri
Fonte: Musixmatch
Compositori: E. A. Mario